Qualità dell'aria, Confagricoltura Piemonte: "La Regione accolga subito le nostre richieste, frutto del lavoro congiunto degli ultimi anni"
Il Consiglio regionale dovrà esprimersi oggi riguardo al Piano per la qualità dell’aria. Benché per il settore agricolo sia già in vigore lo stralcio approvato nel giugno del 2023, questa sarebbe un’occasione propizia per rivedere gli obblighi a carico delle aziende zootecniche anche alla luce del percorso di collaborazione che è stato sviluppato con la Regione fin dalla stesura delle prime bozze del provvedimento, ma che oggi sembra aver perso, almeno in parte, significato e vigore.
“Come Confagricoltura abbiamo sempre creduto nell’utilità di un dialogo costruttivo con il decisore pubblico per giungere a un insieme di norme realmente applicabile da parte degli agricoltori e utile per l’ambiente - afferma Enrico Allasia presidente di Confagricoltura Piemonte – per questa ragione, fin dal 2023 abbiamo chiesto e ottenuto l’istituzione un tavolo di lavoro che, analogamente a quanto già avviene per l’utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici con il Comitato nitrati, analizzasse le numerose problematiche tecnico-gestionali, proponendo soluzioni tecniche meno impattanti dal punto di vista gestionale, ma soprattutto economico, sugli allevamenti. Il tavolo, con il supporto dell’Università di Torino, aveva avviato alcuni studi molto promettenti, per esempio, sulle tecniche alternative alla copertura fissa degli stoccaggi, un lavoro che però non si è ancora tradotto nelle modifiche auspicate”.
Il tavolo, riunitosi per la prima volta nel gennaio 2024, doveva affrontare prioritariamente le due criticità più urgenti relative al Piano per la qualità dell’aria: la gestione delle coperture dei cumuli di letame e la chiusura dei vasconi di stoccaggio dei liquami, individuando soluzioni, alternative o complementari a quelle previste dal Piano, più flessibili e adatte alle singole realtà aziendali, sempre nel rispetto degli obbiettivi globali di riduzione previsti dalla direttiva europea.
“È essenziale – prosegue Allasia – che i risultati delle ricerche vengano introdotti subito e in modo stabile nelle norme di piano e non affidati a una relazione tecnica a carico delle singole aziende, onerosa e per di più soggetta a un processo istruttorio dagli esiti incerti”.
In pratica, secondo Confagricoltura, occorre modificare le BAT (migliori tecniche disponibili) relative ai processi produttivi, e le tabelle contenute nel Piano stralcio agricoltura, per definire, in generale, riduzioni emissive attese più basse e rivedere al rialzo i risultati ottenibili con l’applicazione delle Pratiche e delle Tecniche ammesse. Occorrerebbe inoltre introdurre un maggior numero di tecniche ammesse, soprattutto come alternativa alla copertura degli stoccaggi, per poterle utilizzare senza fare ricorso alla relazione tecnica di cui al punto 3 delle Disposizioni attuative del Piano.
“Occorre tenere a mente – conclude Allasia - che i valori esposti nel PRQA relativamente alle emissioni di PM 10 e di NOx rappresentano per il settore agricolo rispettivamente il 6% e l’1%. delle emissioni totali. Non possiamo accettare che un intero comparto produttivo, strategico per la nostra regione, venga messo a rischio per l’applicazione miope di norme che non tengono in sufficiente conto la situazione reale degli allevamenti piemontesi e del loro limitato contributo emissivo. Gli agricoltori sono consapevoli di quanto sia importante tutelare la qualità dell’aria e, ancora una volta, faranno con coscienza tutto quello che sarà necessario, ma si aspettano che la parte pubblica faccia altrettanto, senza che sia necessario ricorrere a forme di protesta che esulano da quelli che dovrebbero essere i normali percorsi di dialogo e concertazione”.